Kalidou Koulibaly si racconta a The players tribune: “Mi chiamano il napoletano”
Kalidou Koulibaly ai microfoni di “The players tribune” si lascia andare ad un racconto intenso sulla sua vita.
Kalidou Koulibaly, da diverse stagioni all’ombra del Vesuvio, dopo l’addio di Albiol formerĆ un tandem di tutto rispetto, col neo acquisto azzurro. Infatti il Napoli con lāacquisto di Manolas ha un muro difensivo fortissimo,Ā
Il difensore senegalese, che ha vissuto un’infanzia difficile, si ĆØ raccontato totalmente ai microfoni di The Players Tribune.Ā
Un racconto intenso e, a tratti, commovente. Iniziando a raccontare fin da quand’era piccolo, per poi arrivare agli ultimi anni. Svelando alcuni retroscena tra cui il benvenuto da parte di Aurelio De Laurentiis.
Queste le sue parole:
“Credo che i bambini capiscano il mondo meglio degli adulti. Soprattutto per come vanno trattate le persone. A volte la gente mi fa queste domande nelle interviste ed ĆØ difficile rispondere, mi chiedono: āKouli, che cosa provi quando la gente ti fa ābuu buuā? Non ti dĆ fastidio? Che cosa bisogna fare?ā. FinchĆ© non lo vivi, non riesci veramente a capirlo. Ć una cosa talmente brutta ed ĆØ difficile parlarne. Ma cercherĆ² di spiegarti perchĆ© voglio far passare un messaggio molto importante a tutti i bambini che leggono questo. Prima di salutarci, ti racconterĆ² della lezione piĆ¹ importante che ho imparato nella vita”.
LAZIO–NAPOLIĀ
Ma prima di tutto, dobbiamo parlare di odio.Ā La prima volta che ho veramente vissuto il razzismo nel calcio ĆØ stato contro la Lazio qualche anno fa. Ogni volta che prendevo palla sentivo i tifosi che facevano dei versi da scimmia. Mi dicevo che forse me lo stavo solo immaginando. Quando ĆØ uscita la palla ho chiesto ai miei compagni: āma lo fanno solo a me?ā. La partita ĆØ ripresa e mi sono accorto che alcuni tifosi della Lazio facevano ābuu buuā ogni volta che toccavo la palla. Ć impossibile sapere cosa sia meglio fare in quel momento. Ci sono stati dei momenti in cui sarei voluto uscire dal campo per mandare un messaggio, ma poi mi sono detto che era proprio quello che si aspettavano che facessi.
Ricordo che mi dicevo āPerchĆ© lo fanno? PerchĆ© sono nero? Non ĆØ normale essere nero in questo mondo?ā. Stai facendo il gioco che ami come avevi fatto mille volte prima. Ti senti ferito. Ti senti insultato. Arrivi addirittura a un punto dove quasi ti vergogni.Ā Dopo un poā lāarbitro, il Sig. Irrati, ha fermato il gioco, mi ĆØ corso incontro e mi ha detto: āKalidou, sto con te, non ti preoccupare. Facciamo finire questi ābuuā. Se non vuoi finire la partita fammi sapereā.Ā
Penso che sia stato molto coraggioso, ma gli ho detto che volevo finire la partita. Hanno fatto un annuncio al pubblico e, dopo tre minuti, abbiamo ripreso a giocare. Ma i ābuuā non si sono fermati. Dopo il fischio finale camminavo verso il tunnel ed ero arrabbiatissimo, ma poi mi sono ricordato di qualcosa di importante. Prima della partita cāera una giovane mascotte con cui sono entrato in campo mano nella mano, mi aveva chiesto la maglia e gli avevo promesso di dargliela dopo la gara.
Quindi mi sono girato e sono andato a cercarlo. Lāho trovato sugli spalti e gli ho dato la mia maglia. E indovinate la prima cosa che mi ha detto?Ā āChiedo scusa per quello che ĆØ successo.ā Mi ha colpito molto. Questo bambino chiedeva scusa per non so quanti adulti, e la prima cosa a cui pensava era come mi sentivo io.Ā Gli ho detto: āNon fa niente. Ti ringrazio. Ciaoā.
Ā Questo ĆØ lo spirito di un bambino. Ć questo che manca al mondo in questo momento. So che succedono questi episodi e non solo per il colore della pelle. Sento quello che dicono i tifosi ai miei compagni di squadra, chiamano i serbi āzingariā e chiamano pure un italiano come Lorenzo Insigne ānapoletano di merdaā.Ā Dobbiamo fare di meglio.
Capita un episodio del genere e le societĆ fanno un bel comunicato e poi succede di nuovo. Si vede invece quanto ĆØ cambiata la situazione in Inghilterra. Quando viene identificata la persona responsabile, viene radiata a vita dallo stadio. Spero che un giorno sarĆ cosƬ anche in Italia. Come fai a cambiare la gente? Come gli entri nel cuore?Ā Non ho le risposte a queste domande. Posso solo raccontarti la mia storia.Ā Magari le persone mi guardano e vedono solo un calciatore oppure un calciatore nero. Ma sono molto piĆ¹ di questo. Dico sempre ai miei migliori amici: āSe mi vedete come un calciatore e non come il piccolo Kouli, e non come il vostro amico, vuol dire che ho fallito nella vitaā.
INFANZIAĀ
“Sono cresciuto in Francia in una cittĆ che si chiama Saint-DiĆ©, dove cāerano tanti immigrati: senegalesi, marocchini, turchi. I miei genitori venivano dal Senegal. In realtĆ , il mio padre ĆØ arrivato per primo, faceva il taglialegna. SƬ, un vero taglialegna francese. Esistono veramente. Prima di trovare quel lavoro era andato a Parigi senza documenti e aveva lavorato in una fabbrica tessile. Sette giorni su sette, anche il sabato e la domenica. Lo ha fatto per cinque anni in modo da mettere da parte abbastanza soldi per portare mia madre in Francia. E poi il piccolo Kalidou ĆØ nato a Saint-DiĆ©. (Hanno preso ispirazione per il mio nome dal Corano). Mia madre racconta spesso della prima volta che siamo tornati in Senegal. Avevo sei anni e un poā di paura. Era la prima volta che vedevo i miei nonni e i miei cugini ed era uno shock vedere come viveva la gente in altre parti del mondo. Tutti i bambini correvano scalzi e ci ero rimasto male.Ā Mia madre dice che le supplicavo di andare al negozio e comprare delle scarpe per tutti, cosƬ potevo giocare a calcio con loro.Ā Ma mia madre mi disse: āKalidou, togliti le scarpe. Vai a giocare come loroā.Ā
Alla fine mi sono tolto le scarpe di corsa e sono andato a giocare a piedi nudi con i miei cugini, ed ĆØ qui che inizia la mia storia con il calcio. Quando siamo tornati in Francia giocavo tutti i giorni in un piccolo parco vicino a casa. Il campo era metĆ erba e metĆ cemento e spesso dovevamo fermare il gioco per lasciare passare le macchine. Cāerano tantissimi immigrati nel quartiere quindi giocavamo Senegal contro Marocco, Turchia-Francia, Turchia-Senegal.Ā Era come il mondiale tutti i giorni.Ā Era il tipo di quartiere dove, come posso dire? Se tua madre aveva bisogno di qualcosa, non andavi prima al negozio, andavi dal vicino. Nessuna porta ti era chiusa, capito? Andavo dalla nostra vicina e chiedevo: āCiao, Mohammed cāĆØ?ā.Sua madre mi diceva: āNo, ĆØ uscito. Ma vuoi giocare con la PlayStation?ā.Ā
Io non avevo la PlayStation a casa mia, quindi entravo, mi toglievo le scarpe e mi rilassavo come se fosse casa mia. Ero il benvenuto.
Se la nostra vicina mi diceva: āKalidou, vai al negozio a prendere del paneā, andavo al negozio come se me lāavesse chiesto mia madre. Quando cresci in un ambiente del genere sono tutti tuoi fratelli.
Eravamo neri, bianchi, arabi, africani, musulmani, cristiani, sƬ ma eravamo tutti francesi.
Avevamo tutti fame, quindi si andava a mangiare tutti cucina turca, o venivano tutti a casa mia a mangiare piatti senegalesi. Eravamo neri, bianchi, arabi, africani, musulmani, cristiani, sƬ ma eravamo tutti francesi. SƬ, abbiamo le nostre differenze ma siamo tutti uguali.Ā
ADOLESCENZAĀ di Koulibaly
Ricordo che durante il mondiale del 2002 dovevamo andare a scuola durante Francia-Senegal. Il torneo si svolgeva in Giappone e cāera il fuso orario. Eravamo tutti usciti durante lāintervallo e giocammo come se fosse la finale della Coppa del Mondo e poi dovemmo rientrare a lezione. Eravamo molto tristi.Ā
La partita iniziava alle 14.Ā Ā Alle 13:59 il nostro maestro ci disse: āDai, aprite i vostri libri.āĀ Ā Noi aprimmo i nostri libri ma sognavamo, nessuno riusciva a pensare di leggere. Avevamo in mente Henry, Zizou, Dioufā¦Ā Passarono due, tre minuti, poi il nostro maestro guardĆ² il suo orologio e disse: āOk, mettete via i vostri libri.ā Pensammo tra noi: āChe succede? Cosa sta dicendo?ā.
Ā Poi disse: āOra guarderemo un film molto formativo che sono sicuro troverete molto noioso.āĀ Prese il telecomando e sintonizzĆ² la piccola TV dellāaula sulla partita.Ā
Ci disse: āRimane il nostro segreto, va bene?ā.Fu uno dei momenti piĆ¹ belli della mia vita. Eravamo in 25 in classe: turchi, marocchini, senegalesi, francesi, ma eravamo tutti insieme. Ricordo perfettamente che dopo la vittoria del Senegal camminavo verso casa e vedevo tutti i genitori dei miei amici senegalesi che ballavano per strada. E poi, visto che erano tutti cosƬ contenti, anche i genitori dei turchi e francesi iniziarono a ballare con loro.Ā Ā Questo ricordo mi ĆØ rimasto impresso perchĆ© ĆØ questo il calcio. Il mio quartiere ĆØ cosƬ.
Puoi avere tutto nella vita: puoi avere soldi, belle macchine, ma ci sono tre cose che non si possono comprare: lāamicizia, la famiglia e la serenitĆ .Ā Queste sono le cose piĆ¹ importanti della vita. Non si comprano da nessuna parte.
Ć questa la lezione piĆ¹ importante che possiamo insegnare ai nostri figli. I miei genitori me lo hanno insegnato. Del calcio non gli importava davvero nulla.I miei genitori non venivano mai a vedermi giocare. Mio padre venne una volta, mia madre mai.
Ma a volte guardavano le grandi partite con me quando le davano alla TV. Nella mia testa mi dicevo che se non fossero venuti allo stadio allora avrei dovuto portarceli io.Avrei dovuto giocare partite che davano in TV, in questo modo mi avrebbero guardato.
CARRIERAĀ di Koulibaly
“Non dimenticherĆ² mai della mia prima convocazione in prima squadra a Metz. Sono entrato verso la fine e sapevo che trasmettevano la partita in TV. Subito dopo la partita chiamai mia madre e le chiesi: āMamma, hai visto? Sei contenta?ā.Ā
Ā Mi disse: āContenta? Giochi sempre a calcio. Ć normale. Ć quello che ti piace, no? Solo che ora giochi in TV. Ć belloā.
Non lo diceva con cattiveria, lei ĆØ cosƬ. Per lei era lo stesso gioco che facevo da bambino. Forse sarebbe meglio se piĆ¹ persone la vedessero in questo modo. Il calcio ĆØ un gioco che deve unire le persone, no? Ho girato il mondo grazie al calcio. Sono andato a Genk in Belgio e poi a Napoli in Italia. Ho imparato tante lingue e ho conosciuto tante persone.
CāĆØ un detto che recita: āQuando impari tutte le lingue, puoi aprire tutte le porteā. Non ti mento, sono colpevole anchāio di aver avuto pregiudizi su certi luoghi e certe persone. Prima di venire a Napoli ero in ansia perchĆ© non sapevo parlare la lingua e la gente parlava male della mafia e cosƬ via. Non ci ero mai stato, quindi non sapevo se raccontassero la veritĆ . Quando impari tutte le lingue, puoi aprire tutte le porte.
ARRIVO A NAPOLIĀ di Koulibaly
Ti racconto una storia divertente. Giocavo al Genk in Belgio e il mio amico Ahmed sarebbe venuto a stare da me per qualche giorno. Stavo aspettando che arrivasse in stazione quando ricevetti una chiamata da un numero sconosciuto. Risposi in inglese: āPronto, chi parla?ā
āBuon giorno, sono Rafa Benitez.ā.
Gli dissi: āDai Ahmed, smettila di prendermi in giro. Sono qui ad aspettartiā e attaccai. Mi chiamĆ² di nuovo e iniziai ad arrabbiarmi”.
Continuai: āDai Ahmed, basta. Sono qui. A che ora arrivi?ā.
āPronto? Sono Rafa Benitezā.Attaccai di nuovo il telefono. Poi mi chiamĆ² il mio procuratore e risposi. āCiao Kouli, come stai? Hai giĆ parlato con Rafa Benitez del Napoli? Ti chiamerĆ .āĀ
Gli risposi: āCosa? Ma stai scherzando? Credo che mi abbia appena chiamato. Pensavo che fosse il mio amico a farmi uno scherzo!ā.Il mio procuratore allora chiamĆ² Rafa per spiegargli cosa che era successo cosƬ lui mi richiamĆ² e io risposi come se niente fosse”.
Dissi: āHello, Rafa! Hello! Bonjour! Hola! Hello!ā āCiao, vuoi che parli in inglese?ā āCome preferisce, possiamo parlare nella lingua che vuole.ā Alla fine abbiamo parlato in francese.Ā Ā Mi fece mille domande: āSei fidanzato, ti piace andare a ballare, conosci la cittĆ , i giocatori?ā
Gli risposi: āAllora mister, conosco Hamsikā. A dir la veritĆ non conoscevo veramente i giocatori e non sapevo niente della cittĆ ma ovviamente conoscevo Rafa Benitez e tutto quello che mi disse mi fece unāottima impressione.Ā
Dopo la telefonata chiamai subito il mio procuratore e gli dissi: āFai tutto quello che devi fare. Andiamo a Napoliā. Mancavano solo 48 ore alla fine del mercato di gennaio e il Napoli non riuscƬ a raggiungere un accordo con il Genk.
Ma Rafa mantenne la parola e mi prese quellāestate. Quando arrivai per le visite mediche ero ansioso perchĆ© non parlavo ancora lāitaliano. Il presidente De Laurentiis mi salutĆ² nel corridoio.Ā
BENVENUTO DI ADL aĀ Koulibaly
Koulibaly: “Ti racconto un aneddoto. De Laurentiis mi guardĆ² un poā storto e mi disse: āQuindi sei tu Koulibaly?ā āSƬ, sono Koulibalyā
āMa non sei alto? Ma non eri alto 1,92?āĀ
āNo, presidente, sono alto 1,86ā
āMannaggia! CāĆØ scritto dappertutto che sei 1,92! Devo parlare con il Genk per avere dei soldi indietro!ā
āNessun problema, presidente. Paghi pure il prezzo pieno, gli darĆ² ogni centimetro in campo, non si preoccupiā.Ā
Gli piacque molto questa frase. Si mise a ridere e mi disse: āVa bene, sei il benvenuto qui a Napoli, Koulibaly. Benvenutoā.Ā
Dopo le visite mediche, Rafa mi portĆ² a pranzo e la prima cosa che fece dopo che ci eravamo seduti, prima ancora che ci portasseroĀ i menĆ¹, fu di prendere tutti i bicchieri di vino dalle altre tavole. Li mise sul tavolo e li sistemĆ². Nella mia testa, mi dicevo, āChe sta facendo? Ć pazzo?ā.Ā
Lui mi disse: āOk, ora ti faccio vedere la tattica.āĀ
Poi arrivĆ² il cameriere e il mister spostĆ² i bicchieri qua e lĆ dicendo: āNoi giochiamo cosƬ. Vai qua, poi vai lĆ , capito? Ora bisogna imparare due cose in fretta. Devi imparare la nostra tattica e devi imparare lāitalianoā.Ā
āVa bene, misterā.Ā
Quando poi tornai da una breve vacanza Rafa mi chiuse in una stanza con il match analyst e mi fece vedere le mie giocate migliori. Lanci bellissimi, dribbling e interventi in scivolata.Ā
Mi disse: āQuesto, questo e questāaltroā¦ā
āBello, no?ā
āNon fare piĆ¹ queste cazzate.āĀ
āMa ho preso la palla!āĀ
āQuesto ĆØ culo! Hai recuperato la palla grazie alla tua forza fisica. Se il tuo avversario fosse stato piĆ¹ intelligente, saresti stato in difficoltĆ .ā
Poi mi fece vedere altre immagini. Niente di che. Azioni normali.Ā
Sorrise e disse: āCosƬ. CosƬ va bene. Va benissimo cosƬ.ā
āMister, ma sono giocate semplici.āĀ
āAppunto Kouliā.Ā Ā
Questo la dice lunga sulla mia esperienza qui. Ero un ragazzo quando sono arrivato in Italia. Sono diventato un calciatore migliore perchĆ© ho imparato la tattica ad alti livelli. Sono cosƬ precisi qui sulla tattica, ma la cosa piĆ¹ importante ĆØ che sono diventato un vero uomo di famiglia e un vero napoletano.Ā
Anche quando torno a casa in Francia ormai, i miei amici non mi chiamano piĆ¹ āil senegaleseā o āil franceseā, ma dicono: āEcco il napoletanoā.Ā
Napoli ĆØ una cittĆ che ama la gente. Mi ricorda lāAfrica perchĆ© cāĆØ tanto affetto. La gente vuole toccarti, vuole parlarti. La gente non ti tollera, ti ama. I miei vicini mi vedono come un figlio. Da quando sono arrivato a Napoli sono un uomo diverso. Sono davvero tranquillo.Ā
La cosa piĆ¹ bella ĆØ che mio figlio ĆØ nato qui. Non mi scorderĆ² mai di quel giorno perchĆ© ĆØ una storia pazzesca che riassume perfettamente Napoli.
Koulibaly racconta il retroscena:
Mia moglie era andata in ospedale la mattina e quella sera avremmo giocato contro il Sassuolo in casa. Eravamo in sala video ed il mio telefono continuava a vibrare. Di solito lo spengo ma ero preoccupato per mia moglie.Ā
Mi aveva chiamato cinque o sei volte.Ā
Il nostro allenatore allāepoca era Maurizio Sarri. Ć un tipo molto intenso, quindi non volevo rispondere. Alla fine uscii di corsa, risposi al telefono e mia moglie mi disse: āDevi venire subito, nostro figlio sta arrivandoā.Ā
Allora andai da Sarri e gli dissi: āMister, mi scusi ma devo andare. Sta nascendo mio figlio!ā.
Sarri mi guardĆ² e mi rispose: āNo, no, no. Ho bisogno di te stasera, Kouli. Mi servi davvero. Non puoi andareā.Ā
Gli dissi: āSta per nascere mio figlio, mister. Faccia quello che vuole. Mi dia una multa, una squalifica, non mi importa. Io vadoā.Ā
Sarri sembrava cosƬ stressato e fumava una sigaretta. Fumava, fumava e rifletteva e poi alla fine disse: Koulibaly: āVa bene puoi andare in ospedale ma poi devi tornare per la partita stasera. Ho bisogno di te, Kouli!ā.Ā
Andai di corsa in ospedale. Se non sei diventato padre per la prima volta, non puoi capire questa sensazione. Non puoi perderti la nascita di tuo figlio. Arrivai a mezzogiorno e, grazie a Dio, alle 13:30 era nato un piccolo napoletano. Lāabbiamo chiamato Seni. Ć stato il giorno piĆ¹ bello della mia vita.Ā
Alle 16 mi chiamĆ² il mister. Questo tipo, devi capireā¦ ĆØ pazzo. Lo dico nel senso positivo ma ĆØ pazzo!Ā Ā
Mi disse: āKoulibaly? Ma torni? Ho bisogno di te. Ho veramente bisogno di te. Ti prego!ā
Mia moglie stava ancora recuperando le forze- racconta ancora Koulibaly– e probabilmente anche lei aveva bisogno di me. Ma non volevo deludere i miei compagni di squadra perchĆ© gli voglio davvero bene. E amo la cittĆ di Napoli. Mia moglie mi disse di andarci e io andai allo stadio.
Stavo iniziando a prepararmi per giocare e Sarri entrĆ² negli spogliatoi e attaccĆ² lāundici di partenza al muro. Io cercavo, cercavoā¦Ā
Non cāera il mio numero.Ā
Gli chiesi: āMister, ma sta scherzando?āĀ
āCosa? Ć una mia scelta.ā
Mi aveva messo in panchina!
Non mi aveva messo neanche titolare!
Gli dissi: āMister, mio figlio, mia moglie. Li ho lasciati lƬ. Mi ha detto che aveva bisogno di me.āĀ
āSƬ, abbiamo bisogno di te in panchina.ā
Tutto quel casino e non giocavo neanche titolare!Ā
Ora che ci penso -continua Koulibaly-, mi viene da ridere, ma in quel momento mi veniva da piangere.Ā
Koulibaly: Magari pensi che questa sia una storia negativa. Ma per me questa storia ĆØ tutto quello che amo di Napoli. Se la dovessi spiegare, non si capirebbe. Ć come cercare di spiegare una battuta. Devi venire in cittĆ e la sentirai. Ć pazza sƬ. Ma calda.
Forse mi conosci un poā meglio ormai.Ā
SƬ, sono un calciatore.Ā
Sono un calciatore nero.Ā Ā
Ma non sono solo questo.Ā
Sono musulmano, senegalese, francese. SoprattuttoĀ napoletano.Ā Ā
E sono un padre.Ā
Koulibaly: Ho girato tutto il mondo, ho imparato tante lingue e aperto tante porte. Ho avuto la fortuna di guadagnare tanti soldi. Ma ti ricorderĆ² ancora della lezione piĆ¹ importante che ho imparato.Ā Ā
Ci sono tre cose che non si possono comprare da nessuna parte: lāamicizia, la famiglia e la serenitĆ .Ā
Lo abbiamo capito da bambini a Saint-DiĆ© e voglio che anche mio figlio lo capisca.Ā
Spero che un giorno lo capiranno anche quelli che mi fanno ābuuā.Ā
SƬ, forse siamo diversi.
Ma siamo tutti fratelli“.