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Premier e Liga volano nei ricavi: Serie A sempre più in affanno

Premier League e Serie A introiti

Aumenta il divario economico e tecnico tra Premier e Liga e campionato italiano

La Premier League si fonda sulla sua capacità di produrre ricavi. Sia in virtù dei contratti sui diritti televisivi, sia in virtù delle capacità di marketing dei propri club. Non solo, ma anche la propensione al consumo del popolo inglese (superiore a tutti gli altri Paesi europei) fa sì che nel match-day i guadagni siano molto elevati.

Tutto questo negli anni ha prodotto un circolo virtuoso per cui migliori infrastrutture portano maggiori guadagni e quindi maggiori investimenti sui giocatori e quindi trofei. Con i risultati di bilancio che, salvo alcune eccezioni, i club chiudono con esercizi in utile.

Non a caso a Londra si pensa ad una Premier come una NBA del calcio dove tutti i migliori giocheranno oltre Manica. E non a caso il processo per la vendita del Chelsea sta vedendo miliardari statunitensi mettersi in fila per accaparrarsi la proprietà della società londinese perché attratti dalla sua redditività.

Come si è organizzata la Liga spagnola?

In termini di governance (come spiega Calcio e Finanza) la Premier non è molto distante dalla Lega Serie A visto che come a Milano anche a Londra, come spiega il regolamento del campionato inglese, “ogni club ha diritto a un voto e ogni cambiamento di norme e grande contratto commerciale necessita della maggioranza dei due terzi delle società, ovvero di 14 voti per essere approvato”.

Ma la virtuosità economica nei vari club e l’idea di molte proprietà di sviluppare sempre più simile alle leghe americane fa la differenza tra Premier League e Serie A.

La Liga sa di essere leggermente indietro e come tale non copia passivamente quanto succede in Inghilterra. Innanzitutto all’associazione partecipano le squadre della prima e seconda divisione iberica e questo fa sentire meno il peso dei grandi club.

Non è un caso infatti che quella spagnola è l’unica ad avere un presidente, Javier Tebas, che conta quasi, se non alla stessa maniera, dei presidenti delle grandi società. Ed è proprio grazie a questa solidità che Tebas da anni, puntando sull’appoggio dei club medi e piccoli, organizza e sviluppa il movimento spagnolo come un prodotto unico, nonostante l’opposizione dei suoi due maggiori membri, il Real Madrid e il Barcellona.

Soprattutto però la Liga è probabilmente il torneo europeo ad avere il complesso di norme finanziarie più stringente per partecipare al campionato, sia per quanto riguarda l’equilibrio finanziario di ogni singolo club, sia per il tetto salariale. Deriva da qui per esempio la necessità del Barcellona di vendere Messi.

Le difficoltà della Serie A

In questa situazione è evidente come la Lega Serie A non abbia a disposizione né la potenza di fuoco economica della Premier, né la struttura aziendale della Liga e la susseguente velocità decisionale.

La Lega Serie A per esempio fu la prima a sviluppare l’idea dell’entrata dei fondi di investimento, ma poi lo stesso fondo CVC, interessato a fare business in Italia, ha investito prima nella Liga e poi nella Ligue 1 ma non nella Serie A.

È evidente che sino ad ora l’associazione che unisce i club del nostro massimo campionato è sembrata più una agorà dove una fazione cerca di prevalere sulle altre in nome dei propri interessi particolari, piuttosto che un ente dedito allo sviluppo di un prodotto.

La Lega Serie A ha approvato la riforma dello statuto, una decisione salutata quale gesto di unità da parte dei membri della Lega stessa, ma la strada appare ancora lunga.