Da Toronto tra malinconia e futuro: è tempo di perdonare Lorenzo Insigne
Lorenzo Insigne si racconta a DAZN da Toronto tra la nostalgia di Napoli e le scelte per un futuro diverso. Ma è proprio giusto rimarcargli sempre il peso di ciò che è stato?
Inciampare. Respirare, riprendere a camminare e a volte cadere fino a rialzarsi ancora, ancora ed ancora. La vita di un calciatore professionista è una gabbia dorata che ricerca equilibri per far sì che diventi un privilegio e non una lenta condanna. Chissà quante volte ci avrà pensato Lorenzo Insigne, convinto che quella intrapresa sia stata sempre la strada giusta, delineata dal destino. Lui, cresciuto con un pallone tra i piedi in una famiglia dove si è sempre masticato calcio, con il sogno rincorso della maglia del suo Napoli e vestirla da leader, da capitano. Ci ha messo quasi 10 anni per riuscirvi, partendo dal basso, dal settore giovanile, girando l’Italia con maestri d’eccezione, fino a tornare all’ombra del Vesuvio con la voglia di scrivere la storia.
La storia di Lorenzo Insigne
Eh sì, Lorenzo Insigne in parte ci è riuscito, collezionando 336 presenze, 96 gol ed indossando a lungo la fascia da capitano nel tempio del calcio poi diventato Diego Armando Maradona. Ma non solo: la stupenda esperienza dell’Europeo vinto con la Nazionale e le tante incombenze, come quella di essere profeta in patria, lì dove in molti, moltissimi, hanno incontrato solo ostacoli e difficoltà. Oneri e onori, certo, privilegi ed anche responsabilità, come un rapporto con la tifoseria da sempre complicato per un carattere istintivo, focoso, irrazionale. Reazioni d’amore, di pancia, con il tempo limate, chiarite, persino ammorbidite, sfociate in un istinto divisivo cullato sempre più a lungo dai supporter partenopei. E si sa, quando il tifoso è deciso, nulla può fargli cambiare idea.
Un capitano divisivo
Sugli spalti del Maradona, le fazioni sono sempre state due: gli innamoratissimi di Lorenzo Insigne e gli scettici, coloro che non gli hanno mai perdonato un passaggio sbagliato, un rigore fallito, un sopracciglio alzato di troppo. Una gabbia dorata che si è trasformata quasi in un incubo in tanti frangenti, facendo spesso da capro espiatorio della squadra quando si cullavano dei problemi ben più gravi e profondi. Ma, in fondo, è anche questo ciò che un capitano fa e deve “sopportare”. Quando le sacrosante critiche sportive oggettive però si trasformano in sentenze gratuite e personali, il peso del fardello fa davvero fatica ad essere buttato giù e diventa per i più insopportabile.
Lorenzo Insigne e la voglia di famiglia
La goccia che ha fatto traboccare il vaso facendo storcere nuovamente il naso ai più scettici, è stato il rinnovo non concordato con il club e l’ufficialità già dallo scorso gennaio, del suo futuro trasferimento al Toronto. Un cambio di vita repentino, totale, una decisione importante anche economicamente e che va ben al di là di campionati, maglie da indossare ed ambizioni personali. Toronto è uno stile di vita, è tranquillità, privilegi, opportunità diverse oltre lo sport. Nell’intervista rilasciata a DAZN a margine dello speciale realizzato, il presidente del club canadese è chiaro: “Quando abbiamo parlato con Lorenzo per pattuire il suo trasferimento, ci ha rivelato di volere la possibilità di portare i suoi figli al cinema, cosa che a Napoli non poteva fare. Qui il calcio non è un’ossessione come in Italia”. Asserzione, ahimè, da non poter ribattere in nessun modo.
La nostalgia di Napoli
Anche in questo caso però, il tifoso scettico ha storto il naso, non spiegandosi come possa essere negativo non poter godere di una quotidianità standardizzata con la famiglia, per un calciatore multimiliardario, che ha scelto di voler sposare questo stile di vita. Ma ad Insigne piace davvero star lontano da casa, privarsi dei sapori e degli odori di quando era bambino pur di assicurare serenità e normalità ai propri figli? La verità, come spesso accade, è proprio nel mezzo: ogni scelta porta a delle rinunce, a numerose mancanze e ci si ritrova soli anche nella solita gabbia dorata. Nell’intervista rilasciata, in molti hanno sotteso un passaggio importante. E’ vero, nessun rimpianto. Ma è anche vero che le lacrime ad ogni partita del Napoli vista dal Canada, sono tante. “Mi fa male e piango a vedere le partite del Napoli perchè non sto lì con loro in campo. Non ho rimpianti, ho fatto la mia scelta e sono felice. Mi manca tutto, anche i tifosi. Mi dispiace di averli ritrovati solo nella gara contro il Genoa e capisco di non aver mai creato, caratterialmente, l’empatia perfetta ma ho dato sempre tutto. Napoli che è casa mia. Gli auguro il meglio, anche di vincere quello scudetto sfiorato per ben due volte negli ultimi anni” (LE SUE PAROLE).
È tempo di perdono
Eppure neanche delle costanti parole commosse ed accorate, sono bastate per far sì che si firmasse un definitivo armistizio. Persino quando, qualche giorno fa è emersa una tragica notizia di famiglia per l’ex capitano azzurro (IL COMUNICATO), i social sono stati sommersi di ingiurie, offese e cattiverie personali. Forse adesso è davvero troppo, la misura è colma. La domanda quindi, sorge spontanea: perchè covare ancora rancore? Perchè non analizzare i fatti con razionalità, lasciandosi alle spalle il passato, cullando solo la malinconia dei ricordi indelebili che hanno fatto la storia del Napoli? Non spetta a noi sindacare sulle scelte di società e giocatori, con argomenti già analizzati ampiamente negli scorsi mesi. Ma adesso che la città tutta si è ritrovata a caccia di un sogno, è giusto voltare pagina ed andare avanti, anche quando le aspettative passate sono state deluse o ferite (L’ANALISI). Adesso, è davvero tempo di perdonare tutti Lorenzo Insigne. Perdonarlo, sì, per un’unica colpa: quella di essere sempre stato troppo innamorato del Napoli.
Alessia Bartiromo
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Testarda, imprevedibile, caparbia e passionale. Con la “testa nel pallone” ed i piedi in uno stadio.