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Al Maradona è spettacolo Napoli contro il Toro

Al Maradona è spettacolo Napoli contro il Toro. Nella conferenza stampa pre-partita, Luciano Spalletti era stato saggio profeta: per eludere il pressing ragionato e schematico del Toro, sarà dirimente la capacità di andarsi a prendere palla negli spazi come sintesi di movimenti perpetui e qualità di gioco.

“Capire dove c’è lo spazio”, questo il mantra del tecnico. L’evoluzione strettamente tattica della gara coi granata gli ha dato ragione. Perché le tre perle che hanno imballato la sfida prima che la squadra di Juric potesse capirci qualcosa, sono un po’ l’esecuzione empirica di questo monito in quanto legati da un chiaro minimo comun denominatore, come si vedrà. Ha il sapore dell’amarcord la maglia che gli azzurri battezzano in questa stagione: la nuova linea “Halloween 2022/2023”, col brand griffato EA7, ad una prima occhiata rimanda a quel Napoli sommesso targato 1982-83 soprattutto per via dei pantaloncini blu notte.

Anche il “Maradona” è vestito a festa coi soliti 40mila che non fanno mancare la loro presenza: anche questa rinnovata passione sta diventando una piacevole abitudine. Si parte e i dettami spallettiani trovano subito applicazione: Mario Rui sfrutta l’esuberanza fuori controllo di Djidji per andare ad attaccare lo spazio – col supporto straordinario di Kvaratskhelia – e preparare la pennellata che Anguissa rapisce per sé con un inserimento maestoso. E’ l’azione perfetta. Juric, si sa, non arretra di un millimetro dalla logica dello scontro diretto, uomo su uomo. L’uno contro uno come un must da cui non derogare mai. Un principio apprezzabile che abbellisce le sue squadre e le rende sempre imprevedibili e maligne (gli azzurri ne sanno qualcosa negli ultimi due anni).

Ma che può essere un limite se di fronte ci sono qualità, inventiva e, soprattutto, una discreta dose di fosforo unita ad una buona condizione atletica che esalta i movimenti senza palla. In occasione del vantaggio azzurro ne fa le spese un incolpevole Singo che resta giocoforza tagliato fuori dall’uscita maldestra del centrale ivoriano. La storia si ripete cinque minuti dopo: c’è molto masochismo nel posizionamento della linea difensiva granata che porta capitan Rodriguez ad uscire alto su Politano che, invece, invita Anguissa all’affondo. Il camerunense si lascia alle spalle Lukic e Buongiorno, con quest’ultimo che, già colpevole sull’inzuccata vincente di Frank, non ha strutturalmente il passo per scappare con freschezza e abbozzare un recupero.

Cosicché il centrocampista azzurro riesce a guadagnarsi addirittura due opzioni per chiudere questa combinazione: tentare la soluzione personale o servire Kvaratskhelia, che però è guardato a vista da Djidji. Meglio la prima, anche perché da quella distanza la porta granata non è più così piccola da inibire un pizzico di audacia. Juric piazza Miranchuk – uno dei due trequartisti alle spalle di Sanabria – fisso su Lobotka, ma è un tentativo di accendere fuoco con legna bagnata. Lo slovacco non perde la sua grande bellezza e il palleggio azzurro continua ad essere inebriante mandando sistematicamente in tilt i piani del Toro.

E quando il Napoli cala il tris, è Kvaratskhelia ad attaccare la profondità a sinistra dando concretezza in questo caso ad una intuizione di Zielinski. E’ un’intesa perfetta che stende definitivamente i granata i cui quinti Singo e Lazaro – sulla carta i veri propellenti della squadra – non assicurano alcun apporto in fase offensiva e si chiamano fuori dal compito di arginare alla radice gli straripamenti di Kvaratskhelia e Politano. Solo nell’ultimo frammento di primo tempo il Napoli, magari appagato, si eclissa leggermente permettendo al Toro di sviluppare quelle che sono le sue vere peculiarità.

Cala l’attenzione generale ed a pagarne dazio sono su tutti Meret, non impeccabile sulla staffilata vincente di Sanabria, e Politano, che pasticcia due volte consentendo a Vlasic di servire un cross velenoso per l’attaccante paraguaiano che, strano ma vero, riesce a silenziare Kim sfiorando il bis a stretto giro. Più sfortuna che imprecisione, a dire il vero, per l’ex Betis, il cui avvitamento avrebbe meritato sorte migliore.

Non cambiano granché gli equilibri nella ripresa. Il Napoli si mette a protezione del risultato perseguendo coerentemente questa linea anche per la pochezza offensiva dei granata che suggerisce di gestire bene le forze fisiche e nervose in vista del match di martedì con l’Ajax. Difficile dare ragione al pur bravo Juric quando a fine gara sosterrà che i suoi avrebbero potuto raccogliere qualcosa in più per via delle “maggiori occasioni da rete create”. Un nonsense smentito dalla realtà. In verità il Toro, che pure tiene il campo con autorità e si mostra sfrontato non avendo nulla da perdere, si vede solo con la saetta di Radonjic che scalda i guantoni di Meret. Poi niente più.

Con l’uscita di Miranchuk, tocca a Vlasic fare guardia su Lobotka, ma l’unico ad accendere la luce è proprio Radonjic: la punta serba propone buoni strappi e intrepide galoppate, lasciando la sensazione che un suo ingresso anticipato avrebbe potuto incoraggiare il tentativo di rimonta di un Torino che, fino a quel momento, non aveva avuto un peso specifico sufficiente per meritarsi una speranza. Le stesse proteste smodate di Juric (poi espulso) e di qualche giocatore in campo, per un presunto fallo di Mario Rui su Singo di cui le immagini confermeranno l’insussistenza, raccontano di una frustrazione generale nel clan granata per una partita ormai gettata alle ortiche e non più contendibile. Anche Spalletti si proietta a martedì e richiama in panchina l’intero tridente d’attacco – oltre a Mario Rui e Zielinski – ribadendo nell’analisi post gara l’uguaglianza sostanziale (e non meramente formale) di tutti i suoi calciatori che fa strame di qualsiasi gerarchia.

“Avrei vinto anche se avessi messo dall’inizio Simeone al posto di Raspadori, perché chiunque giochi sarò certo di dormire tra due guanciali”.  E’ chiaro che ogni partita fa storia a sé e può esigere scelte tattiche mirate in relazione all’avversario da affrontare, ma intanto ci sono degli equilibri da salvaguardare in uno spogliatoio che sta facendo il massimo sforzo per tenersi unito ed ambizioso. E questo Spalletti lo sa bene.