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La Malinconia Di Kvara, il georgiano non è più lo stesso…

malinconia kvara

Analisi di un’involuzione, la malinconia di kvara

Conosco persone che quest’estate hanno seguito religiosamente i mondiali di basket – pur non masticandolo per niente – solo per tifare Georgia. E non per mancanza di spirito patriottico verso la nostra nazionale, ci mancherebbe. Ma per amore. Quel sentimento così forte ed intenso che i napoletani provano per la propria squadra di calcio e per i loro beniamini. Come Kvara. Georgiano, per l’appunto. Al minuto ‘77 (che causalità) della partita con il Bologna, quando il buon Khvicha è stato sostituito con Elmas, non ho visto gesti plateali da parte sua (come nella precedente trasferta di Genova), solo il viso un po’ rabbuiato e l’espressione eloquente di chi era ben cosciente di non aver disputato una grande prestazione. O, almeno, non così incisiva come in altre occasioni. E non è certo tutta colpa di Garcia se la stella del numero settantasette non brilla più come nella passata stagione. Sia chiaro, contro i felsinei qualche lampo c’è stato. Un passaggio filtrante, una finta a rientrare, un paio di tiri verso la porta difesa da Skorupski. Poca roba, però, rispetto al campionario di giocate a cui ci aveva abituato il talento georgiano.

In verità, è dalla fine dello scorso campionato che Kvara non è più lo stesso. Che appare quasi involuto. A dirla tutta, la flessione è cominciata dopo il golazo siglato contro l’Atalanta, quando si è travestito da D10S e a momenti faceva venir giù lo stadio. Per carità, non si può andare sempre a mille. Ogni tanto è fisiologico concedersi delle pause. Dei momenti di flessione. Il punto è che nello sguardo di Khvicha, quella luce negli occhi, quell’aria da scugnizzo dell’est, entusiasta di incantare tifosi, compagni di squadra ed avversari, non c’è più. E valle a capire le cause. C’è chi parla della questione rinnovo, chi del cambio di allenatore, chi dei problemi fisici. La realtà è che per il Napoli è fondamentale recuperare al cento per cento il georgiano. La scorsa stagione, con Osimhen (un altro che sembra ritornato inquieto), sono stati i Vialli e Mancini della compagine azzurra. Giovani, forti e spavaldi, come il tandem doriano di fine Anni Ottanta-primi Anni Novanta. Tralasciando le ovvie (e storiche) differenze fra il club partenopeo e quello blucerchiato, il ciclo vincente di quella Samp, si arenò subito dopo la sconfitta in finale col Barcelona di Koeman, in quella che allora si chiamava Coppa Dei Campioni.

A Wembley, tra l’altro. La stessa sede della prossima finale di Champions. Il ciclo vincente del Napoli, invece, potrebbe essere solo all’inizio. A patto che si navighi tutti nella stessa direzione e che certi atteggiamenti un po’ coloriti (eufemismo) vengano messi da parte, o, per lo meno, lasciati al chiuso delle sacre mura dello spogliatoio. Kvara, però, va recuperato totalmente alla causa. Magari con qualche sostituzione in meno e con qualche attestato di fiducia in più. Anche perché il tempo stringe e Napoli-Udinese è già alle porte.