Napoli-Fiorentina è stata un thriller di Jo Nesbø
Al “Maradona” è andato in onda l’ennesimo colpo di scena di questo inzio di stagione
Napoli-Fiorentina. Ci risiamo. Ieri sera al “Maradona” si è consumato l’ennesimo colpo di scena di una stagione che, sin qui, sta assumendo sempre di più i connotati di un thriller ben scritto. Una trama intricata e spiazzante alla Jo Nesbø, tanto per intenderci. E quel che è peggio, è che proprio colui che dovrebbe addentrarsi nei meandri più reconditi dell’annosa questione per risolverne la fastidiosa matassa, paradossalmente, rappresenta uno degli indiziati più papabili. Già, perché il Napoli visto all’opera contro la Fiorentina, è una squadra confusa e confusionaria, inerme, quasi coartata, figlia di una sorta di insicurezza ancestrale trasmessagli dal suo allenatore, Rudi Garcia. Uno dei potenziali colpevoli, certo, ma non l’unico. Sia chiaro, il tecnico francese ha le sue belle colpe e contro i viola, anche e soprattutto nella gestione dei cambi, ha sbagliato tutto quello che c’era da sbagliare.
Epperò, se Osimhen avesse fatto l’Osimhen ed avesse segnato il goal del (fin lì meritato) 2-1, probabilmente, oggi staremmo parlando di una partita dal retrogusto meno amaro. Ad ogni modo, pur non trattandosi di una scienza esatta, nel Calcio le ipotesi possono andar bene solo in fase di calciomercato, l’unico “regno” in cui i “Se” e i “Ma” possono essere accettati di buon grando. Sul campo è diverso. Il rettangolo verde, infatti, è il giudice più severo, l’esame più probante, lo specchio più cazzimmoso. Una sentenza, insomma. E allora, al netto di tutti gli errori commessi da Garcia, vanno pure sottolineati i demeriti di alcuni elementi chiave che non stanno attraversando un periodo felicissimo. Anguissa, per esempio, appare stanco. Sfiancato. Mentre negli occhi di Meret, ultimamente, non si intravede più il fuoco sacro di chi vuole prendersi una rivalsa sui suoi detrattori, ma l’onda lunga di un’insicurezza intrinseca che ne sta condizionando le prestazioni.
Squadra organizzatissima, invece, la Fiorentina. I viola di Italiano hanno stupito il pubblico di Fuorigrotta quasi più del Real di Ancelotti. Non rimarremmo di certo supiti se, a fine campionato, il club di Comisso si piazzasse in una delle caselle utili per il grande salto nell’Europa che conta. Italiano, tra l’altro, ha rappresentato pure il sogno di mezza estate del presidente De Laurentiis, anche se poi sappiamo tutti com’è andata a finire.
Ritornando al presente, va tracciata una linea di demarcazione fra ciò che il Napoli vorrebbe essere e le acque in cui versa attualmente. Nulla di irreparabile, ci mancherebbe. Ma il campionato inizia ad entrare nel vivo e certi treni (il pareggio dell’Inter contro il Bologna, per esempio) non passano poi così spesso. Come uscire fuori, dunque, da una fase così complicata? Con il duro lavoro, senza ombra di dubbio. E con le idee chiare. Senza una vision condivisa allo stesso modo da squadra, allenatore e società, sarà difficile uscire indenni dal traffico di pensieri negativi che attanaglia in questo momento l’ambiente partenopeo. Quella che arriverà dopo la sosta, infatti, sarà una settimanona intensa, dove il Napoli se la dovrà vedere, in rigoroso ordine cronologico, con Verona, Union Berlino e Milan. Non esattamente una passeggiata di salute. E come ad ogni sosta che arriva dopo una sconfitta, queste due settimane di stop sembreranno un’eternità.
Su questa Terra dal 1987. Giornalista Pubblicista dal settembre 2009. Amo tutto ciò che ha a che fare con la comunicazione. Il mio motto è “La Musica a chi la sa vedere”, nell’arte e nella vita di tutti i giorni.