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Napoli, il bello viene adesso! Qualificazione agli Ottavi di Champions e primi effetti della cura Mazzarri…

E che parata ha fatto, Meret, sul tiro di Ricardo Horta?

Napoli. Qualificazione doveva essere e qualificazione è stata. Inutile stare qui a sindacare il come ed il perché. Il Braga, va detto, era veramente poca roba. E nel primo tempo della gara disputata contro i portoghesi, la difesa azzurra ha mostrato i soliti limiti ancestrali. In tal senso, l’assist al bacio di Natan ad Osimhen non sposta di una virgola il giudizio complessivo su quello che è il microcosmo desertico della corsia di sinistra. Kvara ha giochicchiato, è vero. Va anche sottolineato, però, che il talento georgiano è andato incontro alle stesse problematiche delle ultime settimane. Ovvero, predicare nel deserto poiché costretto a fraseggiare centralmente e non con un punto di riferimento laterale. Non proprio una passeggiata di salute.

Ciò detto, è chiaro che lo stato di forma che sta attraversando il numero settantasette del Napoli non sia dei migliori. Se poi lui s’intestardisce con i dribbling come Willy il Coyote con Beep Beep, le cose divengono ancor più complicate. Ad ogni modo, il vecchio Khvicha è il Keith Haring dell’universo pallonaro e le sue tele ritorneranno a splendere nel firmamento calcistico, sia internazionale che del belpaese. Ne siamo certi.

La cura Mazzarri, del resto, sta producendo ciò che dovrebbe. In primis, una squadra che va in campo con maggiore coerenza tattica. Merito del lavoro certosino del tecnico di San Vincenzo che, piano piano, sta iniettando alla squadra campione d’Italia delle dosi più massicce di autostima. Meteorologicamente, tra l’altro, si prospettano giorni difficili per Napoli e provincia. Già. Perché sulla prova sciorinata da Alex Meret nella serata di ieri non si può eccepire praticamente nulla. I detrattori seriali del portierone friulano, dunque, dovranno inventarsi problematiche inesistenti pur di continuare ad attaccarlo. Tipo la pettinatura “old school” o i pochi sorrisi elargiti verso la Nisida. E che parata ha fatto sul tiro di Ricardo Horta? Una presa plastica che se fosse stata compiuta da Szczesny ci avrebbero fatto uno speciale di “Porta A Porta”.

Oggi all’ombra del Vesuvio, in verità, ci si è risvegliati con un piede negli ottavi di Champions e l’altro nella nostalgia. Antonio Juliano è volato in cielo. Lì dove vi sono altre leggende della maglia azzurra. Era una persona seria, “Totonno”. Serissima. Un uomo piuttosto riservato che ha dedicato la propria vita calcistica al Napoli. Sia da (gran) calciatore che da dirigente. L’arrivo in città di Maradona – tanto per fare un esempio – lo si deve proprio alla sua grande determinazione.

Ci ha sempre messo la faccia, Juliano. Anche quando le cose non andavano bene. Anzi. A dirla tutta, soprattutto quando le cose andavano male, malissimo. Vedere alla voce, “Stagione 1997-98″, dove accorse – per amore dei colori azzurri – al capezzale di un Napoli oramai malato, moribondo, rassegnato mestamente agli anni più tristi della sua storia. Con lui se ne va un pezzo importante della storia del club. E della città.