23 novembre del 1980: 90 secondi di terrore sconvolgono Campania e Basilicata
Domenica 23 novembre del 1980, in TV c’erano le “differite” delle partite e alla Rai davano Juve-Inter
Non tutti lo ricorderanno, ma Bologna-Napoli è anche la partita del terremoto. Si giocò il 23 novembre del 1980. Era il Napoli brillante e ambizioso di Castellini, Krol e Marchesi che poi si dissolse contro il Perugia ultimo in classifica. Quel giorno finì 1-1, gli azzurri andarono in vantaggio con Claudio Pellegrini al 67’, pareggiò Giuliano Fiorini al 73’. Era forte quel Bologna. Era virtualmente primo in classifica ma partì con cinque punti di penalizzazione per la storiaccia del calcio-scommesse. Anche l’Avellino era in serie A e vinse per ben 4-2 la gara al Partenio contro l’Ascoli. I “lupi” erano allenati dal grande Luis Vinicio. Tacconi in porta mentre Vignola era in attacco col piccolo, funambolico, brasiliano Juary. Naturalmente anche gli irpini erano ignari di ciò, che da lì a poche ore, sarebbe accaduto proprio “sotto ai loro piedi”. La partita di punta della giornata fu Juventus-Inter. Fini 2-1 per i bianconeri e andò in differita Rai alle ore 19. Eravamo tutti lì a vederla, erano da poco comparse le televisioni commerciali, ma la domenica calcistica era ancora tutta di mamma Rai. Non c’erano altre immagini oltre a quelle di “novantesimo minuto” nel pomeriggio e della “domenica sportiva” alla sera.
Ore 19.34 un minuto e trenta interminabili secondi cambieranno la vita di tanti di noi
Terminato 90° Minuto, tutti su RaiDue inizia la sintesi di una gara di Serie A, la memoria non mi tradisce e posso garantire che quella domenica alle ore 19,00 davano Juventus – Inter (2-1 con gol di: Brady e 69′ Scirea per la Juve e 79′ Ambu per l’Inter). Avevo da poco compiuto 15 anni ed ero a casa di parenti per festeggiare un compleanno.
Alle ore 19,34, al termine di una azione della Juve, un boato interminabile, simile ad un esplosione, cambiò la vita di tutti noi. Purtroppo quel boato non era legato ad un errore dell’”odiata” Juve ma ad una vera e propria bomba di energia che si stava sprigionando dal suolo. Pensate che, l’orologio che è in cima al “Palazzo Reale” in Piazza del Plebiscito, rimase bloccato a quell’ora e restò così per mesi.
La nostra prima reazione fu quella di guardarci attoniti, senza comprendere bene cosa stesse accadendo. Noi ragazzi eravamo seduti a terra a guardare la partita. Mi alzai di scatto ma confuso perché non avevo idea di cosa fosse un terremoto. Mi precipitai nel corridoio ma venivo sballottato da un lato ad un altro e cercavo di mantenermi vicino alle pareti. A quel punto gli adulti urlarono: “il terremoto”. Non si capì più nulla ed eravamo solo al primo piano.
Attimi che sembravano un’eternità
Giunti in strada la scossa non era ancora finita, quegli attimi erano interminabili, ma era possibile udire le urla ed i pianti della gente impaurita. La cosa che più mi è rimasta impressa furono gli antifurti impazziti che, credo, durarono fino a scaricarsi del tutto. Dopo ben 90 secondi tutto ebbe fine, ma nessuno di noi poteva immaginare che quello era invece l’inizio di lungo ed interminabile calvario. Dopo qualche minuto ci ricongiungemmo con altri amici e parenti e ci avviammo verso piazza del Plebiscito dove trascorremmo più di una nottata. Per fortuna non faceva freddo, anzi, c’era un insolito “caldo”.
La notte che seguì fu interminabile: dormimmo, come tutti, in auto nella piazza. Tutti si preoccupavano di tutti ma noi ragazzi, passato lo spavento iniziale, cominciammo a fare gruppo e dopo un po’ comparve l’immancabile “Super Santos” con il quale organizzammo una partitella di pallone. Intanto iniziavano a giungere le prime drammatiche notizie, si incominciava a parlare di morti. A via Stadera era crollato un palazzo come fosse di sabbia e un paese, Sant’Angelo dei Lombardi in provincia di Avellino, era andato interamente distrutto; il tutto contornato da uno sciame sismico (centinaia di scosse di assestamento) che sarebbe durato giorni e giorni. Arrivarono i primi soccorsi della Protezione Civile: containers, roulotte, generi di prima necessità, medicinali, acqua.
Le immagini dei TG mostravano un disastro senza precedenti, di lì a poco il bilancio sarebbe stato drammatico. La prima pagina del “il Mattino” titolava “Fate Presto”!
Quarant’anni dopo cosa ci resta di quel ricordo e cosa tramandiamo
Oggi, le ferite puramente materiali, si sono rimarginate ma quelle degli animi restano indelebili e ci accompagneranno per sempre. La ricostruzione è stata lentissima ed ha rappresentato lo specchio della nostra società e soprattutto della nostra politica. Da allora altri cataclismi ci sono stati nel nostro paese dal 1980 in poi e quasi sempre ci hanno presi di sorpresa e impreparati. Purtroppo la prevenzione e la cura del territorio, soprattutto in termini geologici e anti sismici, si è rivelata il più delle volte fallimentare. I “risultati”, ahi noi , si vedono
A tutti coloro che, leggendo questo articolo, si ricorderanno di aver in qualsiasi modo contribuito agli aiuti umanitari dico e rivolgo un sentito “GRAZIE!”
giornalista pubblicista