Giuseppe Salvia, il poliziotto che morì per perquisire Cutolo
Giuseppe Salvia, un uomo di stato che non si inchinò a Raffaele Cutolo
Si parla spesso di eroi e a volte per caso; Giuseppe Salvia può essere definito, invece, un eroe di stato! A poche ore dalla morte di Raffaele Cutolo tornano in mente una serie di episodi dove la camorra, governata da “O ‘professore”, dimostrava di avere un potere enorme e trasversale. Basta pensare alla vicenda per la liberazione dell’assessore regionale Cirillo. La NCO fu parte fondamentale nella trattativa con i terroristi delle “Brigate Rosse”che lo avevano rapito. Ecco perché, Il gesto che andremo a ricordare di Giuseppe Salvia, rappresenterà per quel periodo, e non solo, un vero e propio atto di coraggio ed attaccamento alle istituzioni nonostante stesse “semplicemente” espletando le proprie funzioni.
«Dottò, Cutolo non si vuole far perquisire. Cosa dobbiamo fare? Sa, noi abbiamo famiglia…»
Giuseppe Salvia, che del carcere di Poggioreale era il vicedirettore, non ci pensò due volte. Uscì dal suo ufficio e fece ciò che prevedeva il regolamento: la perquisizione dei detenuti che rientravano in carcere dopo aver partecipato ad un’udienza processuale. Tra le facce incredule degli agenti di polizia del carcere, cominciò lui stesso la perquisizione a Raffaele Cutolo, capo della Nuova Camorra Organizzata. Era il 7 novembre del 1980. Quel giorno Cutolo rientrava da una delle udienze sul processo alla cosiddetta NCO.
La determinazione di Salvia spiazzo il boss dI Ottaviano
Non si aspettava il gesto di Giuseppe Salvia. Per lui era una sorta di sfida. Quel gesto metteva in discussione la sua autorità di boss davanti a tutti. Cutolo ebbe anche un moto di stizza e cercò di dargli uno schiaffo. Giuseppe Salvia, che era vicedirettore del carcere di Poggioreale dal 1973, conosceva i codici “non scritti” della malavita. Lui. che il carcere aveva tentato di renderlo anche più umano, sapeva bene che quella perquisizione poteva costargli cara. Era conscio dello spessore criminale di quel detenuto, ma sentiva forte il dovere di riaffermare il potere dello Stato.
E, infatti, quella perquisizione, sancì la sua condanna a morte.
Giuseppe, 38 anni, fu ammazzato il 14 aprile del 1981 da un commando di sei uomini legati a Cutolo, sulla tangenziale di Napoli, allo svincolo dell’Arenella, mentre tornava a casa. Lo stava aspettando sua moglie Giuseppina, trentatré anni, i due figli, Antonino e Claudio, che all’epoca avevano cinque e tre anni. A casa, Giuseppe Salvia non ci arriverà mai.
Al suo funerale arriveranno sessantotto corone di fiori. Le invieranno i detenuti come segno di ringraziamento nei confronti di una persona che anche in una istituzione così violenta come il carcere non aveva perso la sua umanità.
Le indagini e le condanne
Per l’omicidio è stato condannato quale mandante Raffaele Cutolo che, per questo delitto, ha scontato un ergastolo. Sei gli uomini ritenuti esecutori materiali del delitto, tra cui Mario Incarnato e Roberto Cutolo. L’ordine era stato trasmesso a Rosetta Cutolo la quale, a sua volta, avrebbe dato l’incarico al gruppo criminale.
Riconoscimenti
- La città di Capri ha intitolato al vicedirettore una scuola dell’infanzia, in via Tiberio, oggetto di un attacco vandalico nel 2014;
- Nel 2013 è stato insignito della medaglia d’oro al valore civile.
- Il carcere di Poggioreale, dove Salvia prestava servizio, è stato a lui intitolato nel 2013.
Onore al dottor Giuseppe Salvia e a tutti i caduti della Polizia Penitenziaria durante l’espletamento del proprio dovere. ( fonti: “Wikipedia” e “noi poliziotti per sempre”)
giornalista pubblicista